martedì 24 giugno 2014

ANNO 495

L' ARIANESIMO DI TEODORICO


Non solo sulle leggi, sulla giustizia e nell'amministrazione Teodorico mantenne alcune norme e seguì la tradizione romana, ma anche nelle libertà di culto in questo primo periodo di regno romano-barbarico fu (si racconta) di una liberalità straordinaria.
Teodorico fin dal primo momento che si era insediato a Ravenna, aveva fatto a tutti buon viso, ma in effetti più che dettato da un calcolo politico era perchè non voleva eccessi di intolleranza, e non voleva compromettere il suo iniziale progetto. Anzi cercò - pur costruendo uno stato sul modello di Bisanzio ed aggiungendovi l'influenza di quello latino - di perseguire l'obiettivo di far convivere pacificamente il popolo romano e quello degli ostrogoti.
Ma come abbiamo già accennato nelle altre pagine, fece (si racconta) moltissimo ma ottenne pochi risultati (questo non fu raccontato; ma la realtà fu poi quest'ultima).

Pur raccomandando a tutti questa pacificazione, evitò sempre di affrontare il problema, in certi casi lo ignorò mentre in altri, quando alcuni di questi problemi divennero ancora più difficili, ricorse alle repressioni e alle persecuzioni, perfino mettendosi contro i suoi migliori consiglieri, alcuni mandandoli in galera e altri caddero vittima di queste persecuzioni.

I contrasti fra le varie fazioni erano all'ordine del giorno, e tutti erano incapaci di giungere a una composizione dei dissidi, che scatenarono dibattiti roventi, e in certi casi non esitarono a scendere in piazza con sommosse.
Fra i molti consiglieri buoni ascoltò anche quelli cattivi; ed alcuni di questi lo spronarono -pur sapendo che era di fede ariana- ad intervenire in questioni religiose fra cristiani e ariani. Un compito difficile perchè Teodorico non afferrava la sostanza del problema non avendo mai approfondito la questione religiosa.
Mentre ognuno dei contendenti speravano che si schierasse col il loro credo e la loro dottrina, invece TEODORICO - li mise davanti (e questo dimostra che non era all'altezza di poter giudicare) alle loro responsabilità con una pseudo imparzialità unita a fermezza. Scrupolosamente evitò di esprimere un suo punto di vista personale in questioni di carattere etico-religiose, ma però mise due goti GUDILA e BEDCULPHAS ad accertarsi nei sinodi ecclesiastici cristiani se rispettavano le sue direttive.

E non prese nemmeno posizioni di parte (lui si considerava ateo) in una scabrosa circostanza, quando avendo dato un parere sottinteso sugli ebrei ma non bene interpretato dai cristiani che lo ascoltavano, questi ultimi si sentirono autorizzati a cacciare gli ebrei e a dare l'ordine di bruciare le sinagoghe. Teodorico infuriato ordinò di ricostruirle immediatamente a loro spese, perchè la tolleranza era la sua legge; nelle questioni di regno era lui a doversene interessare, ma nelle questioni di anime erano i preti a doversene occupare, che non poteva intervenire lui ateo. Se loro avevano un Dio che chiamassero lui a decidere e non l' imperatore che deve essere invece impegnato a occuparsi di cose terrene; "se Dio vi ha dato l'ordine di occuparvi di anime, obbedite al comando di Dio, che non vi ha detto di distruggere palazzi ma di costruire anime".

Ma questa tolleranza agli ebrei, agli ariani, il non torcere un capello ai cristiani di altre correnti considerate eretiche, non doveva piacere a qualcuno che lo aveva inizialmente aiutato ad arrivare dove era arrivato. Bisognava fargli pagare il conto, e il conto doveva essere uno solo, quello di applicare gli editti che già c'erano, quelli di Teodosio, di Costantino, eliminare dall'impero l'arianesimo, e prima di tutti proprio Teodorico.
Non sappiamo di "cos'altro" si parlò nei 4 concili che si tennero a Roma nel 499, 501, 502, 504 per dirimere i contrasti su l'elezione del pontefice (dopo il "caso Simmaco"- vedi sotto). Ma sappiamo che si stabilì l'esclusione dei laici dall'elezione papale e l'inalienabilità dei beni della Chiesa. E se questi erano gli argomenti una ragione seria ci doveva pur essere.

L'operato del re ostrogoto finora -l'abbiamo già letto- anche se ambiguo aveva fatto sperare i vescovi cristiani di poter convertire prima o poi l'ostinato ariano. Gli autorevoli prelati che abbiamo già citato nutrendo grande simpatia per lui a questo miravano; ma poi iniziarono a cambiare molte cose, i rapporti iniziarono a essere difficili; e Teodorico inizia ad essere non più il tollerante, o il pacificatore, ma inizia a prendere una posizione netta. E con il suo carattere e adottando quest'altro atteggiamento non poteva che alienarsi quelle amicizie che - per quanto fosse ariano- l'avevano fatto salire in alto.

Nessuno può darci un quadro più sincero e storicamente vero nei suoi confronti come lo storico PROCOPIO che notoriamente era un suo personale oppositore e quindi il suo giudizio semmai dovrebbe essere negativo. Invece proprio lui - parlandoci del primo periodo di Teodorico, ne dà un giudizio altamente positivo quando dice "Il suo modo di governare i sudditi era degno di un grande imperatore; salvaguardò la giustizia, emanò buone leggi, preservò il suo paese dalle invasioni, diede prova di straordinario senno e valore".
Anche Cassiodoro lascia un buon ritratto del sovrano barbaro. "Non procedeva mai a nessuna nomina, di grande o scarso rilievo che fosse, senza darne immediata comunicazione ai senatori, sollecitando il loro parere e la loro approvazione".

Tutto questo nei primi anni, poi Teodorico iniziò a essere sospettoso, crudele, intransigente. Cominciò a prendere drastiche misure contro qualche senatore e talune famiglie quando iniziò la questione dello scisma ariano (*), che diede vita a Roma in seno al senato a una forte opposizione. Fino a diventare ostilità che andò ad aggiungersi a quella che cominciò ad arrivare da Costantinopoli quando sul trono d'Oriente (nel 518) salirà Giustino con patricius e console (nel 521) suo nipote Giustiniano.

*) Alcuni storici affermano che il dissidio religioso e le ostilità verso il cristianesimo vennero solo in tarda età a causa della sua senilità, e che Teodorico non si intromise mai nelle discussioni religiose.
Invece sappiamo che già nel 495 (era da appena un anno sul trono) volle erigere a Ravenna il Battistero degli ariani. L'intromissione nei sinodi romani di due funzionari goti perchè venissero applicate le sue direttive fu un vero e proprio atto d'autorità altezzoso e sprezzante. Nell'anno 500 per la questione dell'elezione a papa di Simmaco o di Lorenzo (di due fazioni rivali) scese lo stesso Teodorico a Roma per confermare il primo. Ma appena Teodorico lasciò Roma scoppiarono discordie, sommosse di piazza e infamanti accuse verso Simmaco: di essere un ladro delle proprietà della Chiesa, un corruttore, che non celebrava la Pasqua con le date giuste e accuse di molti altri delitti. Ma Teodorico (dopo un processo affidato a una commissione e a cinque roventi sinodi) riconfermò l'incarico.

Ora in base al concetto che lui era un eretico; che potessero i suoi poteri vantare questa autorità in campo ecclesiastico, ci appare quanto mai singolare. La sua influenza (arrogante e perentoria) in questa storica disputa si fece eccome sentire! Non provocò lo scisma vero e proprio -ancora lontano- ma fu l'inizio. Il dissidio e le ostilità erano già iniziate fin dal primo momento, anche se furono storicamente mimetizzate con gli atti disinteressati che i panegiristi di Teodorico ci hanno tramandato (Ennodio in prima fila).

ANNO 494

TEODORICO SPOSA AUDOFLEDA
UN REGNO EUROPEO TUTTO BARBARO?
INIZIA A NASCERE UNA COSCIENZA TEDESCA?


Lo abbiamo già accennato, Teodorico -il barbaro ostrogoto sceso dall'Illiria- con la sua educazione conformata alla corte di Costantinopoli (per quasi dieci anni in ostaggio nel periodo giovanile), era di una discreta formazione intellettuale; e oltre che essere attratto da quella militare la tradizione culturale romana l'aveva sempre affascinato. Ora era in Italia, dov'era nata questa tradizione.
Mantenne infatti intatte le leggi e le istituzioni romane ed accettò volentieri alcuni prestigiosi consiglieri romani quali SIMMACO, SEVERINO BOEZIO, CASSIODORO.
Si comporta insomma non certo come un ribelle, nè tanto meno come un monarca indipendente. Da Costantinopoli accetta suggerimenti e a sua volta si rivolge all'imperatore come un vero e proprio subalterno. Quando gli scrive usa alternativamente il termine regnare, e il termine governare. Quindi non desta allarmismi.

Come politica interna divide nettamente i compiti dei Romani e dei suoi Ostrogoti. Ai primi affida l'amministrazione dello Stato (anche perchè non ha uomini capaci di esercitare queste mansioni) mentre ai secondi (ai suoi uomini) affida l'esercito; cioè la "forza".

Teodorico non disdegna neppure la mondanità tipica della vecchia corte; la ravennate come quella romana. Il suo nuovo palazzo a Ravenna adornato di splendidi giardini e lussuose stanze era sempre affollato di nobili romani che lo intrattenevano; e proprio a loro di preferenza dava le cariche amministrative. L'aristocrazia romana gli faceva proprio per questo motivo la ronda attorno, sempre pronta a lusingarlo della sua grande cultura, della grande diversità rispetto a quelli che erano della sua stirpe; insomma ipocritamente andavano a caccia di promozioni, questuavano gli incarichi, facevano la fila davanti alle sue stanze. Anche quelli - ed erano tanti- che poi a Roma si dimostravano ostili a qualsiasi conciliazione con i barbari.

Il palazzo diventò un misto fra il bizantinismo dell'Oriente, il diritto romano, e quello sfarzo ozioso che Onorio aveva lasciato. Nelle stesse leggi e negli editti che Teodorico emana (e lo fa in latino) offre lo spettacolo di un governo schiettamente di tradizione romana. Ma sulla questione della sicurezza sia interna che delle frontiere cercava di attirare gruppi di barbari da utilizzare a questo scopo, quasi ma mai dimenticandosi che era lui stesso barbaro. Era insomma entrato nella parte di imperatore. Era lui a stabilire intese con altri regni da un po' di tempo non più romani e tanto meno bizantini.
Perfino nella tolleranza religiosa alcune sue disposizioni riportano (lui che è ariano) una paradossale tolleranza per gli ariani come se lui fosse cristiano (poi alla fine della sua vita, per i motivi che in seguito vedremo, farà l'incontrario).

La corte di Ravenna con i suoi suntuosi interni si trasformò in un centro di affari politici, fonte di illuminazione culturale, scuola di comportamento, palestra dell'amministrazione pubblica e infine centro religioso. Fu un momento magico che diede l'impressione a molti di un ritorno alla grande romanità. Inoltre era lì che si ricevevano gli incarichi.
Già circolava a Roma la frase che "se non vai almeno una volta a Ravenna da TEODORICO, sei totalmente tagliato fuori da ogni incarico; diventi nessuno, un nulla".
Le opere che fece ripristinare, quelle che fece costruire mandando a chiedere marmi pregiati in tutta Europa stava del resto a dimostrare la sua volontà di restaurare lo splendore nella capitale di un regnante; la bellezza di una reggia ha sempre rappresentato anche l'autorità. E lui che era vissuto alla sfarzosa corte bizantina ne era ben cosciente.
Nella città di Ravenna fa giungere numerosi artisti romani e bizantini abbellendo la città con edifici sacri e profani. Furono eretti il nuovo Palazzo Reale, il Mausoleo, Sant'Apollinare Nuovo, il Battistero degli Ariani ecc.
Ma non si limito solo a monumenti ma fu intensa l'attività anche nelle opere pubbliche e culturali nella stessa Ravenna, poi a Milano a Verona e infine a Roma dove ripristina perfino i giochi e gli spettacoli con le aurighe. Ennodio (suo panegirista) scriveva "Teodorico ha ringiovanito l'Italia e Roma"

TEODORICO è dinamico in ogni ambiente della vita politica e pubblica del territorio; vuole dominare per diventare sempre più grande, per il solito ambito obiettivo: quello di mettersi una corona in testa. Ma una corona di un regno barbaro però; infatti i buoni rapporti con i romani si ruppero proprio quando nel suo secondo periodo iniziarono dei dissidi insanabili con la popolazione italica prima, poi con quella religiosa.

Si ergeva a difesa della civilitas latina, voleva la pacifica intesa dei due popoli, ma poi corrispondeva invece un rapporto di inimicizia che era poi quello di una minoranza di soldati dominatori nei confronti di una moltitudine di vinti.
La distribuzione di terre al suo popolo -appena insediatosi a Ravenna- avvenne secondo la consuetudine barbarica, concedendo ai suoi uomini un terzo delle zone occupate. Ma poi accadde questo: dapprima furono confiscate quelle che erano state donate da Odoacre ai suoi barbari (Eruli e Sciri), ma poi venne assegnata anche la terza parte dei terreni dei privati, latini. Con questi ultimi criteri - e l'amministrazione romana creata da lui avallava questi criteri- si stabilì all'interno del Paese due società dai caratteri nettamente distinti e dagli interessi contrastanti.
All'inizio i latini erano convinti di poter rientrare in possesso dei vecchi possedimenti, mentre furono subito delusi dall'atteggiamento di Teodorico, preoccupato solo ad allargare sempre di più il territorio della sua conquista. E per far questo impose che solo i suoi ostrogoti dovevano prestare il servizio militare. Non era di certo un regalo fatto ai latini. Lo scopo era ben chiaro: avere una "forza" a lui fedele e sempre a sua disposizione per controllare la massa; la plebea come quella dei ricchi proprietari di fondi; che era poi a questa che lui sottraeva le terre.

Una dominazione sempre più autonoma, e anche se dava l'impressione di essere subordinato a Costantinopoli, Teodorico cercava in ogni modo di allontanarsene. Fino al punto che iniziò a stabilire con gli altri regni barbarici delle intese; con i Visigoti, con i Burgundi e con i Franchi. Con questi ultimi -che invece hanno ben altri progetti, autonomi quanto i suoi- quest'anno non fa solo un'alleanza militare, ma anche parentale (che non durò a lungo, anzi iniziarono delle ostilità).


Infatti a CLODOVEO da alcuni anni re dei Franchi con l'approvazione della corte ravennate Teodorico manda una ambasciata per chiedere in sposa sua sorella AUDOFLEDA.
Teodorico vuole allargarsi, pensa già a una parentela che un domani potrebbe aiutarlo nel suo grande progetto: quello di fare un grande impero composto non da latini.
Desiderava infatti a parole una buona convivenza tra l'elemento locale e quello barbaro, ma evitò sempre di affrontare il nocciolo del problema, quello di promuovere un'equa integrazione dei primi con i secondi e fece di tutto per tenerli rigidamenti divisi, perfino proibendo agli ostrogoti di contrarre matrimoni con i latini. Cosa che indignò anche i suoi più ipocriti amici romani.

TEODORICO ha solo 34 anni. Di queste alleanze a ovest e a nord, oltre a quelle interne ostili ai bizantini ne fece delle altre, moltissime, che però non durarono a lungo, perchè ribellioni e tradimenti lo costrinsero sempre a rompere i rapporti, soprattutto quando lo stesso Teodorico non ebbe più l'energia e la volontà di intervenire.

Non solo con CLODOVEO fece in questo primo periodo, passi di ingraziamenti, ma li fece un po' con tutti e nei più svariati modi, tanto che uno storico del tempo commentò: "per vie indirette si ingraziò tutti".
Ma non riuscì a mantenerli questi buoni rapporti.
Infatti -come leggeremo nei prossimi anni- quando Teodorico morì, la sua politica si rivelerà totalmente fallimentare. Lasciò - dopo essere stato re degli Ostrogoti 54 anni, e re d'Italia 30 anni- erede un bambino di dieci anni, suo nipote ATALARICO, proprio mentre a Costantinopoli e sull'impero stava emergendo una figura discutibile ma possente: GIUSTINIANO!



In quanto al suo piano per la creazione di molteplici alleanze politiche con i barbari vogliamo brevemente ricordare i matrimoni che Teodorico combinò in un brevissimo periodo.
Oltre ad aver sposato lui stesso Audofleda sorella di Clodoveo re dei Franchi; la figlia maggiore Arevagni fu maritata ad Alarico, re dei Visigoti; la seconda figlia, Teudegota, andò sposa a Sigismondo, figlio di Gundobado, re dei Burgundi; la figlia minore, Amalasunta, venne data in moglie a un connazionale di Teodorico, l'amalo Eutarico. E completò questo piano di alleanze dando in sposa una sorella, Amalafrida a Trasamondo, re dei vandali; e all'altra sorella, Amalaberga a Ermanfredo, re dei Turingi. Insomma tutti barbari
Come abbiamo visto non un matrimonio nè con un romano nè con un bizantino. E tutti di religione ariana. Con le successioni in un modo o in un altro con questo vincolo di parentela, potenzialmente Teodorico stava creando una sorta di protettorato goto su quasi tutta l'intera Europa.

Prese perfino contatti con gli Estoni del Baltico; risulta infatti che questi pagavano a Teodorico un tributo in ambra. E che un principe scandinavo nel fuggire dal suo paese dopo una rivolta, trovò rifugio e protezione proprio nei palazzi di Teodorico a Ravenna.

Che Teodorico mirasse ad essere il difensore degli interessi barbarici, i dati storici e queste unioni coincidono perfettamente anche con le grandi leggende germaniche dove troviamo inserito Teodorico come il supremo paladino delle genti germaniche. Nella Saga dei Nibelunghi (che molti storici italiani non hanno mai letto) il capo degli ostrogoti ha un posto di rilievo, col nome Dietrich von Bern, alias Teodorico di Verona.

(E altrettanto "paladino" dei Germani vi figura Attila, mentre per gli italici è il "fragello di Dio" - nella saga Etzel con sua moglie HILDE, la famosa Crimilde, prima moglie di Sigfrido, tanto caro a Hitler).

Che TEODORICO volesse dimostrare indipendenza da Bisanzio (e perfino nutrisse qualche ostilità) ci viene in soccorso anche quest'altro episodio. Anastasio inviò in Calabria e in Puglia una flotta per ristabilire l'autorità bizantina nel sud della penisola; ma Teodorico con una sua flotta si oppose a questo sbarco considerandolo un ingerenza.
E altrettanto poi fece nel Norico e in Pannonia. Prestò aiuto a Mundo, il capo di una banda di predoni che durante una delle loro scorrerie nei due territori, furono attaccate dai bizantini.
In entrambi i casi gli ostrogoti di Teodorico aiutarono i nemici di Bisanzio e misero in fuga proprio i bizantini non i predoni. Irritando non poco Anastasio.
Ne approfittò ipocritamente Teodorico -a spese dei bizantini- per insediarsi definitivamente anche nell'intera Pannonia, nel Norico, nel resto della Dalmazia non ancora occupata, nella maggior parte dell'Ungheria di oggi e nelle due Rezie (Tirolo e Grigioni), oltre che della Bassa Germania fino a Ulm. E' per questo che divenne il paladino dei germani, ancora oggi rimpianto; quanto Attila e successivamente Carlo Magno iniziò anche lui (seguendo l'idea di Teodorico) a parlare di Impero Mondiale, lo pretendeva universale, ma tutto germanico, compreso i romani e i papi cristiani.

P. Taylor nella sua Storia della Germania, infatti scrive: "Non può capire i tedeschi chi non si renda conto della loro ansia di imparare dall'Occidente, di imitarlo (e Teodorico in questi anni fa proprio questo, ma intanto fa solo unioni con gli altri re barbari); ma parimenti non può capire i tedeschi chi non si renda conto della loro determinazione di sterminare l'Oriente. Lo stato nazionale tedesco è recente; ma la coscienza nazionale (costituito sempre dallo stesso genere di popolo) è antica. Il "Reich" l'espressione politica del popolo tedesco, è la più antica organizzazione politica in Europa, più antica dell'Inghilterra, della Francia, dell'Ungheria o della Polonia; e quindi la più antica di qualsiasi Stato europeo. Quando giunse Carlo Magno i tedeschi avevano già l'intelaiatura di un'organizzazione politica, lui aggiunse soltanto la denominazione Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca. Una contraddizione di termini che (e dava l'impressione solo agli occidentali) negava al tempo stesso ai tedeschi un'esistenza nazionale. Ma questa denominazione rimase nelle terre germaniche quasi ufficiale fino al XV secolo"

ANNO 493

TEODORICO ASSASSINO



Nel corso dell'anno ci fu una sortita di ODOACRE dalle mura di Ravenna per cercare di rompere l'assedio. Inizialmente questo uscita improvvisa si era risolta in un successo, ma l'arrivo di altri contingenti a rinforzo degli assedianti presto capovolse la situazione ricacciando dentro le mura della città i ravennati.
Erano ormai passati tre anni da quando gli ostrogoti avevano iniziato l'assedio; ma la città resisteva a oltranza. Il blocco era totale sulle vie d'accesso della terra ferma, ma Ravenna aveva però il mare e proprio tramite questa via d'acqua provvedeva a fare i suoi rifornimenti con la vicina Rimini.

TEODORICO sprovvisto di mezzi marittimi lo scorso anno rivolse alcuni contingenti delle sue truppe proprio a Rimini; sia per bloccare i rifornimenti e sia per impossessarsi delle medesime imbarcazioni per usarle e chiudere con uno sbarramento il porto della città circondata.
Quest'ultima idea di Teodorico non ebbe il grande successo sperato. Infatti la città non si arrendeva, seguitava a resistere all'assedio.

ODOACRE capitolò quest'anno, a marzo, ma non per aver ceduto all'assedio ma per le pressioni del vescovo GIOVANNI che stipulò per la resa un trattato onorevole per entrambi; cioè che i due regnassero insieme in Italia, come consoli e fratelli, addirittura nello stesso palazzo reale di Ravenna.
Come pegno ODOACRE dava il figlio TELANO in ostaggio a TEODORICO. Quest'ultimo malvolentieri accettò la mediazione di Giovanni. Ma poi il 5 Marzo di quest'anno fece ingresso a Ravenna per prendere possesso di metà degli appartamenti imperiali.

Qui Teodorico organizzò una sontuosa festa per l'avvenuto accordo. Vi parteciparono sia ODOACRE, suo figlio e tutti i suoi più alti ufficiali. Ma alla fine del banchetto, TEODORICO balzò in piedi, accusò padre e figlio di tramare contro di lui, si avventò contro ODOACRE e TELANO e li trafisse entrambi con la spada.
Seguendo il suo esempio gli ufficiali ostrogoti massacrarono i loro colleghi nella stessa sala. Nel palazzo e anche fuori, fino ai sobborghi di Ravenna le truppe ostrogote di TEODORICO fecero fuori tutta la soldataglia di ODOACRE. Un proditorio massacro.
Quando l'ultimo dei seguaci di Odoacre fu eliminato, nel palazzo si fece gran festa.

Teodorico pur con un'azione così bassa, sperava adesso che sia il clero, che ANASTASIO il nuovo imperatore -che da due anni temporeggiava come il suo predecessore Zenone- gli concedesse la porpora di Re d' Italia. Ma a Costantinopoli non ne volevano proprio sapere.
Teodorico l'aveva sollecitata la nomina già un anno prima durante l'assedio di Ravenna, mandando Festo a Costantinopoli, che ritornò però a mani vuote. Poi appena eliminato Odoacre inviò Fausto Nigro con la stessa richiesta, ma il risultato fu lo stesso.
Lo storico Valesiano narra che Anastasio in effetti inviò a Ravenna le insegne reali, ma non accenna minimamente che con tali insegne Teodorico doveva fregiarsene. Fu lui a prendersi quello che formalmente non gli era stato concesso.

Qualcuno malizioso rammentò a Teodorico un po' di Storia Romana, narrando che a Roma, una volta, ai consoli che avevano fatto imprese come la sua si celebravano i fasti dei trionfi seguito dal riconoscimento senatorile.
Teodorico prese al volo queste reminiscenze del passato dimenticando che a Roma non esisteva più da molto tempo questa autorità; ma nonostante questo, in mancanza del riconoscimento che gli si negava, smise la divisa militare indossò il manto regale e si auto-nominò non imperatore ma dominus cioè "Governatore dei Goti e dei Romani".

Non è del tutto sprovveduto, Teodorico sa anche che la sua è una ribellione al pari di quella di Cesare sul Rubicone (non distante) e sa anche che i metodi degli imperatori sono molto sbrigativi, spesso anche traumatici.
Ed infatti pur sollecitando Costantinopoli a concedere quello che chiede si rivolge all'imperatore sempre come un'ufficiale subalterno della corte bizantina. Del resto un ufficiale lui è, nient'altro. E Anastasio non è disposto a consegnare l'Italia a un barbaro anche se è a capo dell'esercito come militum magister, ha la onorificenza di patrizio, quella di console, ed è Re degli Ostrogoti..

A questo punto l' Italia ha un capo come prima: a Odoacre barbaro si è sostituito un Teodorico barbaro. Entrambi convinti e anche decisi a fare i re o i vicari bizantini. Insomma la situazione non è cambiata e persistono in Italia le due fazioni: una favorevole alla conciliazione fra Romani e barbari e l'altra ostile, pronta quest'ultima a scontrarsi per prevalere.

ANNO 492


CHIESA E TEODORICO

Già nella sua prima conquista di Milano, il vescovo di questa città, LORENZO, a Teodorico e ai suoi ostrogoti gli aveva aperto le porte e offrì sue garanzie nell'aiutarlo. Fu proprio lui quando sull'Adda ci fu il sotterfugio del luogotenente Rufa, a convincerlo di aggregare i reparti voltabandiera di Odoacre.

Anche il vescovo di Pavia EPIFANIO (lo stesso che aveva tenuto ottimi rapporti con Odoacre)un ambiguo lo accolse con adulazioni a non finire, e Teodorico non si risparmiò nel fare gli elogi a questo alto prelato; fece battute come questa "Posare lo sguardo su di lui è un privilegio, vivergli accanto una garanzia, ecco un' uomo che non ha uguali in oriente".
Gli affidò in seguito persino la madre e la sorella.

L'altro vescovo di Ravenna, GIOVANNI, anche lui all'improvviso diventato un ambiguo filo-ostrogoto, si adoprò invece con ODOACRE cercando di convincerlo ad arrendersi, o al limite di proporre a entrambi di dividersi il regno in parti uguali, compresa la corte ravennate.
Insomma TEODORICO, come sta facendo ora il franco Clodoveo, si rese perfettamente conto dei vantaggi che gli avrebbero assicurati i buoni uffici della chiesa; infatti improntò il suo massimo rispetto e si diede molto da fare per ingraziarsela.

Ma lui era un barbaro e barbaro dimostrò di esserlo quando Giovanni dopo avergli preparato come negoziatore e intermediario un trattato che non era disonorevole per tutti e due i contendenti, Teodorico con il vinto ritornò ad essere il "barbaro sanguinario" (come vedremo)

A Roma viene eletto papa Gelasio.
(pontificato 492-496)

Di origini africane, Gelasio I fu arcidiacono e segretario del suo predecessore prima di essere eletto papa il 1° marzo 492.
Il suo pontificato fu caratterizzato da parecchie questioni. La più importante fu sicuramente quella di convocare e presiedere il concilio di Roma del 494, cercando di dirimere lo "SCISMA D' ORIENTE" (provocato da Acacio, patriarca di Costantinopoli) e dal quale concilio scaturì il famoso decreto che porta il suo nome e che distinse i libri sacri accettati dalla Chiesa cattolica, da quelli che la Chiesa considerò come apocrifi.
In quello stesso concilio, venne affermata la supremazia della chiesa di Roma su tutte le altre. Gelasio I combatté i pelagiani di Dalmazia e ristabilì nelle loro sedi i vescovi ch'erano stati scacciati durante le guerre di Teodorico contro Odoacre. Sostenne inoltre una controversia con gli eretici Nestorio ed Eutiche. Gli viene attribuito il "sacramentario romano", un manoscritto del quale fu ritrovato e pubblicato, nel 1680. Lasciò parecchie lettere, importanti per la storia del suo tempo, tra le quali una indirizzata all'imperatore Teodorico che così recitava : "...due sono i poteri, augusto imperatore, che principalmente governano questo mondo: il potere sacro dei vescovi e quello temporale dei re. Di questi due poteri il ministero dei vescovi ha maggior peso perchè essi devono rendere conto al tribunale di Dio anche per i mortali re".
Dal punto di vista del mantenimento dell'ortdossia cristiana riuscì a far abolire i " Lupercali" ( festa che avveniva tra il 15 ed il 18 di febbraio - del calendario Gregoriano - e che culminavano con la Februatio - un retaggio dei festeggiamenti al dio februo contro le pestilenze ed i mali dei demoni); sostituendo il tutto con la festività della "Madonna Candelora" del 2 febbraio (nda: festa della purificazione dell'anima più che di quella corporea).
Anzichè continuare nell'opera di ricchezza delle chiese e dei sagrati preferì andare incontro alle sofferenze della popolazione dovute in particolar modo alla grande carestia che imperversò durante tutto il suo regno.
Gelasio I morì il 21 novembre 496 e fu sepolto nel sagrato di San Pietro.
Forse per descrivere questa figura umana, oltre che di pontefice, valse molto di più una citazione di "Dionigi il piccolo": "...morì povero dopo aver arricchito i poveri !". Il calendario universale ancor oggi lo ricorda nel giorno della sua morte.







ANNO 491


TEODORICO FA IL DIPLOMATICO
L'ASSEDIO DI RAVENNA

Teodorico lo abbiamo lasciato nella pineta ravennate. L'assedio a cui ha sottoposto Ravenna da circa un anno si è ormai trasformato in un blocco totale (e proseguirà per altri due anni!).

Pur insediandosi con i reparti in una forma fissa nella pineta, Teodorico si muove in altre direzioni. Con altri contingenti di uomini trovò il modo di impadronirsi di altre città vicine e lontane, e nello stesso tempo completate le occupazioni ebbe modo di allacciare varie alleanze.

Non dimentichiamo che Teodorico è un barbaro, è un ostrogoto, è un ariano; eppure in questi anni, mentre le sue truppe sempre di piu' rinforzate con nuovi arrivi tengono in trappola ODOACRE a Ravenna, lui si muove fra vescovi ed ecclesiastici in un modo consumato. Sappiamo che Teodorico aveva studiato alla corte di Costantinopoli, che non era a digiuno di filosofia, di teologia, che sapeva il latino, il greco, oltre ovviamente la sua lingua madre, quella gota che gli permette qui in occidente di avere contatti con altri barbari, che sono molti all'interno e appena fuori il confine.

Quindi nessuna meraviglia nei tantissimi contatti personali con i funzionari romani, con quelli bizantini in Italia e con i vari capi barbari lasciati in Italia un po' da tutti: Vandali. Visigoti, Burgundi ecc. Ma quello che meraviglia è di essere entrato nelle simpatie dei prelati cristiani, nonostante le sua fede ariana e la sua origine che dovrebbero condannarlo tre volte; come ateo, come eretico e come barbaro. Poca simpatia quindi nell'aristocratica e ecclesiastica Roma, dove i barbari sono da tempo oggetto di disprezzo. Ma lui si dimostra formalmente rispettoso riconoscendo la superiorità dello spirito della civiltà latina.
Alcuni storici del suo tempo lo definiscono il più colto e civilizzato tra i sovrani barbari, mentre altri lo considerano un barbaro ignorante, e che a Costantinopoli aveva imparto una sola cosa; fare la guerra. Dotato di pochissimo acume politico. Il dissidio senza via d'uscita (che scoppierà fra non molto) fra cristiani e ariani ce lo tramandano come un ostinato "barbaro"; un ostrogoto a tutto tondo. Arrivò perfino a ribaltare l'editto delle unioni con gli stranieri; non più i romani che non dovevano sposare i barbari, ma secondo Teodorico -che ci teneva a tenere rigidamente divisi i due popoli- a proibire ai suoi barbari di unirsi ai romani. Un mitomane affronto per i romani dopo quello che avevano visto in questi ultimi anni.

Teodorico ambiva a un impero composto tutto da pura razza ostrogota. E per farlo si mise proprio contro la chiesa; quella che inizialmente nel suo primo periodo (questi primi dieci anni) lo aiutò molto. Fu la sua rovina! Ma anche la fortuna dell'Italia.

Ma torniamo a questo anno 491.
Mentre Odoacre è in trappola Teodorico ha il tempo di muoversi e di creare e tessere opportunistici ottimi rapporti diplomatici, e sapendo quale appoggio sta dando da un po' di tempo la chiesa a CLODOVEO re dei Franchi per diventare regnante di una intera regione, pensa di poter fare la stessa cosa anche lui con l' Italia.

Inoltre c'è una grossa novità a Costantinopoli, quest'anno muore ZENONE, l'imperatore amico-nemico che lo ha mandato quì, e da quì Teodorico ora non ha nessuna intenzione di andarsene. Non vuole certo ritornare nella inospitale Illiria, dopo aver visto la pianura padana veneta, la lombarda e quella emiliana.
Prima ancora di aver del tutto risolto la situazione con Odoacre (sotto assedio), Teodorico sollecitò a Zenone la sanzione del titolo di vicario imperiale detenuto da Odoacre, ma l'imperatore a Costantinopoli nemmeno prima di morire gli concesse la tanto attesa investitura.
D'altra parte gli uomini di Teodorico lo avevano già acclamato legittimo sovrano del Paese conquistato, e lui si era dato da solo il titolo di dominus, cioè signore dei Goti e dei Romani.

A Bisanzio intanto come successore di Zenone viene eletto un certo ANASTASIO I, che ha la stessa linea di Zenone riguardo alla negata investitura. Però in quanto a religione appoggia i monofisiti e tollera appena i cristiani ortodossi. Il nuovo imperatore non è un grande militare ma è però un ottimo organizzatore amministrativo e sulla "questione Odoacre" lasciatagli in eredità da Zenone, vuole prima vedere i risultati, quindi anche lui si prende tempo. E non aveva tutti i torti. Primo perchè non era lui ad aver promossa la spedizione, e inoltre Teodorico Ravenna non l'aveva ancora conquistata.




lunedì 23 giugno 2014

ANNO 490


ODOACRE ASSEDIATO A RAVENNA
IL LUNGHISSIMO ASSEDIO DI TEODORICO




ODOACRE rifugiatosi a Ravenna - mentre Teodorico ha l'impressione di avere in mano la situazione - prepara una strenua difesa nella città adriatica tagliando ogni sorta di via di comunicazione. La città per la sua posizione strategica e la natura del terreno (che non esiste, è tutta circondata da paludi) si presta benissimo a una difesa a oltranza.
Odoacre prevedendo un lungo assedio ha provveduto a fare delle grandi provviste per mesi e mesi; ma -qualora si andasse oltre- anche a provvedere a una via d'acqua via mare con Rimini. Inoltre con il suo stratagemma, sa che quando Teodorico verrà ad assediarlo portandosi dietro Tufa, il luogotenente con il suo contingente al momento opportuno passerà dall'altra parte beffando Teodorico dopo avergli fatto credere di essere un sostenitore della sua stessa causa: cioè di voler spodestare Odoacre.
Preparata dunque la città con un unica via di accesso sulla laguna ( pronta ad essere distrutta in caso di ripiegamento), Odoacre va incontro a Teodorico.

Teodorico non sospettando di nulla da Milano a luglio si mette in marcia; a Tufa ha perfino affidato un contingente di ostrogoti. Oltrepassata Bologna, si dirigono su Faenza e qui ad attenderlo c'è proprio Odoacre.
Dovrebbe dunque verificarsi lo scontro, ma ecco che al momento decisivo gli uomini affidati a Tufa disertano e passano dall'altra parte; il luogotenente torna a schierarsi con Odoacre che riprese così lui l'iniziativa.

Per Teodorico sarebbe stata la fine se l'arrivo di un aiuto provvidenziale portato da Vidimiro con i suoi Visigoti e da gruppi di Borgundi non l'avessero salvato, consentendogli di incalzare Odoacre fino quasi alle mura di Ravenna.
Abbiamo detto quasi, perchè Odoacre aveva previsto anche questo; arretrando sulla città ha chiuso l'ultima impenetrabile via di comunicazione con la terra ferma e si è asserragliato dentro le ultraprotettive mura di Ravenna. Lui non aveva problemi a resistere, Teodorico invece sì.

Teodorico infatti è costretto a fermarsi accampandosi in quelle belle pinete della terra ferma che circondano ancora oggi Ravenna.

Più che un accampamento il luogo si trasformò in un vero e proprio insediamento di ostrogoti che con la deliberata ostinazione di Teodorico durerà quasi tre anni.

ANNO 489


SCONTRO ODOACRE-TEODORICO
TEODORICO svernato nei pressi del confine italiano alle spalle dell' Isonzo, a marzo scende in Italia e si accampa proprio sulla riva sinistra del fiume. Obiettivo: attaccare Aquileia dove crede - in base ad alcune informazioni- lo sta aspettando l'uomo da battere.

Invece ODOACRE che ha avuto tutto il tempo di organizzarsi si era prima chiuso dentro la fortezza di Aquileia, ma poi riscontrato che quella città dopo la distruzione di Attila non era più sicura come un tempo, ha arretrato nella pianura veneta e si è rifugiato nella fortezza di Verona, molto più protetta ma anche con tre vie di scampo in caso di necessità strategica.

Teodorico lo insegue, a sua volta Odoacre abbandona Verona e arretra su Milano, poi si sposta su Cremona, poi a Pavia.
Il capo dei Goti lo tallona, ma non lo aggancia mai, diventa una giostra infernale con spostamenti di centinaia di chilometri in pochi giorni, un carosello architettato da Odoacre forse per farlo stancare, rinunciare. Mentre Teodorico conquista Milano, l'altro è a Cremona, e mentre lo sta per raggiungere a Cremona Odoacre ritorna su Milano, bloccando Teodorico a Pavia e a Cremona.

Risalendo TEODORICO da Cremona verso Milano, sull' Adda l' 11 Aprile avviene l'aggancio e lo scontro; ma la manovra non è che riesce bene a entrambi, uno non vince, ma l'altro nemmeno.
Ci guadagna però ODOACRE che sfugge all'accerchiamento di TEODORICO e tenta di rifugiarsi nella sua Ravenna, che più che una fortezza è un'isola protetta da tre quarti di laguna e l'altro quarto dal mare. Quasi inespugnabile.

Una mossa che però permette all'ostrogoto di ritornare su Milano e impadronirsi della intera Lombardia.

Nello scontro sull'Adda qualcosa di anomalo è però accaduto. Mentre Odoacre si sganciava e si metteva in salvo rifugiandosi a Ravenna, il suo luogotenente TUFA con metà esercito passava dalla parte di Teodorico.

Sembrò un tradimento, invece il passaggio al nemico era uno stratagemma di Odoacre già concordato con Tufa.
Teodorico abboccò all'inganno e accolse Tufa a braccia aperte.