L'IMPERATORE GIUSTINO E IL NIPOTE
GIUSTINIANO - DAVANTI A UNA CARRIERA
Nominato dunque dal Senato, il settantenne nuovo imperatore Giustino, è sicuramente soddisfatto per essere arrivato improvvisamente così in alto, ma è anche frastornato. Il compito che l'aspetta non è il solito, quello di guidare la guardia imperiale, ma ci sono - e lui le conosce bene per averle vissute dall'esterno- le mille incombenze; e molte di queste non sono all'altezza della sua portata. Come quelle religiose (ultimamente piuttosto critiche), come quelle politiche (i rapporti con l'occidente), o come quelle amministrative-economiche (con un impero quasi alla fame).
Come abbiamo anticipato lo scorso anno, a Giustino gli occorreva avere al suo fianco un aiuto, un consigliere, un assistente, un collaboratore giovane. Ma di chi poteva fidarsi lui, che sapeva benissimo quanto torbido era l'ambiente di corte, quello senatoriale, quello clericale e quello militare. Tutti con la vocazione a fare congiure, quando volevano, e come volevano.
Unica alternativa era quella di scegliersi un uomo fidato, preso dall'esterno. E chi meglio di un parente. Magari quel nipote che viveva a Skoplje. Quando era partito nel suo infido paese in mezzo ai sassi, aveva lasciato una sorella, che aveva un figlio, gli aveva dato perfino il suo nome.
Questo nipote si chiamava appunto GIUSTINIANO. Di che cosa si occupava a Skopje non si sa. Sappiamo solo che quando raccolse il messaggio di suo zio e scese a Costantinopoli a dargli una mano, aveva già 36 anni.
Sappiamo che faceva anche lui il contadino, ma la sua cultura ci sembra impossibile - per quanto lo zio gli mise appena arrivato subito a disposizione i migliori maestri e le migliori menti di Costantinopoli - sia riuscito a costruirsela in pochi anni.
Infatti quando arriviamo al 527 (fra otto anni) lo troviamo che governa già con vari titoli a nome dello zio. Dopo la morte ne diventa il successore naturale, ma sappiamo pure che da questo 519 (cioè appena arrivato) in pratica pur nell'ombra è già lui a governare a pieno titolo.
E governerà fino all'anno 565, quando morirà a 83 anni. Sul trono (virtuale e reale) quindi per ben 46 anni.
Per come governò, gli storici si sono tutti sbizzarriti, e quasi equamente si sono divisi nel giudicare una metà solo le opere buone e l'altra metà quelle cattive. Nelle loro narrazione ci sono adulazioni ma ci sono le smaccate invettive. Quindi un quadro contraddittorio mai visto in una biografia di un imperatore, di un uomo che in ogni caso ha lasciato un impronta profondissima nel mondo del VI secolo.
Come aspetto fisico, a San Vitale a Ravenna si conserva un ritratto in mosaico che ce lo mostra nei suoi lineamenti. Per quanto invece riguarda doti, capacità e carattere, si possono raccogliere solo in quelle biografie fatte dagli storici suoi contemporanei che nel lungo arco di tempo si sono avvicendati a fare o i panegirici o le critiche.
Nelle qualità caratteriale molti lodano la sua semplicità del suo comportamento, la cordialità del conversare, l'autocontrollo esercitato sul suo temperamento violento e, soprattutto, esaltano la passione per il lavoro che era uno dei suoi tratti più caratteristici; non per nulla un cortigiano lo soprannominò l'"Imperatore insonne ". Si alzava presto e si coricava tardi; pretendeva di conoscere tutto, voleva tutto esaminare per poi con imparzialità e senza superficialità poter decidere con giudizio sereno e con la sua coscienza a posto. Mettendo in questo compito un grande amore per l'ordine, una vera preoccupazione di amministrare bene ogni cosa nei minimi dettagli. Il futuro estensore del "codice" fin dalle prime battute volle diventare "giudice" di se stesso.
Insomma voleva essere all'altezza di svolgere il compito di sovrano nel modo migliore. Aveva un desiderio: di essere contemporaneamente come gli antichi Cesari romani, essere un legislatore e un conquistatore, rifare l'impero da capo con le leggi e se necessario anche con le armi. In più volle diventare come Costantino il campione della religione e capo supremo della chiesa.
E su questa iniziò ad interessarsi in maniera maniacale, leggendo tutto ciò che c'era di meglio e che allora esisteva, facendosi una cultura impressionante di teologia, da poter parlare da pari a pari con vescovi e prelati su questioni da secoli problematiche, irti di ostacoli, cogliendone l'essenziale, e che poi con una oratoria eccezionale esponeva con semplicità sconcertante, riuscendo a calamitare su di sé le attenzioni di tutti.
Per i difetti invece, facciamo per il momento silenzio, alcuni li scopriremo percorrendo anno per anno e fino in fondo, la sua lunga carriera; in base agli storici suoi contemporanei che li hanno evidenziati i suoi limiti, le sue lacune o i suoi errori, chi più chi meno, ognuno sarà poi libero di esprimere un suo giudizio positivo o negativo.
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